Jamie Cullum e… gli autografi che fanno vendere dischi
novembre 18, 2009

C’è un jazzista che piace anche alle ragazzine. Ieri sera al concerto romano di Jamie Cullum a c’erano giovanissime spettatrici con atteggiamenti da fan dei Tokio Hotel. Cullum non è forse un jazzista puro ma è divertito e divertente; fa esattamente ciò che un giovane musicista dovrebbe fare. E poi ha una magnifica band di ragazzi polistrumentisti (il batterista, tra l’altro, sembra Kurt Cobain). Presentava il nuovo disco, The Pursuit, ieri Cullum all’Audtorium. Disco di canzoni frizzanti ed energizzanti. Finito lo showcase tutto il pubblico era invitato all’adiacente libreria per gli autografi del cd. Ho pensato che questa trovata, oltre a essere l’ottimo modo per vendere che sappiamo, sia anche un’occasione per tornare a comprare l’oggetto disco. Una fila lunghissima di persone, soprattutto giovani ormai avvezzi più al downloading che all’acquisto dei cd, esuberava gli spazi della libreria Notebook. Tutti i titoli di Cullum erano terminati (e l’ultimo e i precedenti), con somma lementatio di chi non era riuscito ad acquistarne uno in tempo per l’autografo. Entra Jamie e comincia la lunga sequela di firme e dediche. Un ragazzo della sicurezza ha detto meravigliato a un suo amico: “saranno dieci anni che non compro un disco, e ormai neanche più ne masterizzo: butto tutto sull’mp3”. Ora, presumibilmente, in molti di quelli in coda per gli autografi riempiono giornalmente il proprio hard disk di musica, lasciando vuoti i propri scaffali dai dischi. Però l’occasione di ieri, quella di portarsi a casa un oggetto impreziosito dal segno personalizzato e ulteriore (oltre a quello musicale, cioè) dell’artista, rincuora un po’: forse i dischi, anche solo come supporto per una firma, servono ancora.